Certamente la settimana appena trascorsa è stata particolarmente importante per la scena politica ed economica del Paese: la decisione della Corte costituzionale in merito al legittimo impedimento e il referendum dei lavoratori di Mirafiori sul contratto firmato tra FIAT e sindacati il 23 dicembre 2010 sono stati padroni dei telegiornali e dei quotidiani.
Oggi la cronaca politica è ancora più sotto i riflettori. I servizi dei telegiornali e i programmi di approfondimento sono esclusivamente concentrati sulle vicende di Ruby e le attuali indagini aperte contro l’onorevole, Presidente del Consiglio. Se la politica ad oggi, si sta riducendo a questo degrado, dall’altro sta perdendo le priorità del Paese come ha ben indicato l’ISTAT dichiarando che una donna su due non ha lavoro e non lo cerca così come un giovane su cinque è inattivo. Sotto un profilo strettamente politico, consto solamente che è necessario un rinnovato centro-destra, moderno e popolare, con una leadership seria e credibile. Tuttavia mi permetto anche di sollevare l’interrogativo su come l’indagine del Tribunale di Milano sia emersa proprio il giorno successivo alla sentenza della Suprema Corte. Un tempismo perfetto!
Volendo tornare su questioni ben più importanti, un altro tema vissuto in maniera forte sotto il profilo mediatico è stato il contratto della Fiat. Dopo Pomigliano, tv e telecamere sono state collegate in diretta da Torino, nella storica sede FIAT, per conoscere l’esito dei lavoratori sul nuovo contratto del lavoro.
In quei giorni, come non mai, le divisioni tra i tre principali sindacati del Paese, CGIL-FIOM da una parte e CISL e UIL dall’altra, hanno raggiunto il loro livello più alto. Sembrava esserci stato un rinnovato scontro tra ideologie contrapposte, l’una di lotta comunista e l’altra cattolica-riformista, in un tempo in cui i riferimenti ideologici sembravano ormai seppelliti. Ho osservato nei diversi servizi e confronti televisivi coma da una parte la FIOM riprendesse quei simboli di lotta propri della sinistra comunista, dalla simbologia al richiamo di quella visione totalizzante del lavoro secondo cui chi non è con noi, è contro di noi fino il richiamo europeo alle lotte di Agosto 80, sindacato della sinistra che è presente negli stabilimenti Fiat di Tychy (Polonia), e come dall’altra la CISL mantenesse toni di confronto con l’azienda, rimarcando la necessità di ripresa del confronto anche con la CGIL, come avesse la propria sede nella parrocchia del Redentore presso il quartiere di Mirafiori e come si richiamasse a Solidarność, storico sindacato polacco di ispirazione cristiana. Oggi come oggi i sindacati italiani sono divisi come si evince dal fatto che molti sono i contratti che la CGIL non ha firmato in questi ultimi anni, vendendo solo la firma di CISL e UIL, dunque è necessaro riprire un dialogo tra le sigle sindacali per ripensare e agire insieme per tutelare il lavoratore e rispondere alle sfide ceh il mercato pone.
Il contratto Fiat Mirafiori, come quello di Pomigliano, risulta diverso dagli altri contratti. Mentre questi fanno riferimento all’accordo interconfederale 1993 tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL, la casa automobilistica di Torino, per la sottoscrizione del contratto del 23 dicembre 2010, è uscita temporaneamente da Confindustria per proporre ad hoc un contratto che fosse slegato dalle condizioni del 1993 e rispondesse alle attuali condizioni economiche e sfide che il sistema industriale italiano deve affrontare.
Nel dibattito televisivo che ha preceduto il voto, non sono mancati i servizi emotivamente più sensibili che erano a sostegno del No, evidenziando come tutto il contratto firmato fosse lesivo dei diritti dei lavoratori, senza leggere la prosepttiva che esso delineava.
Mentre chi ha sostenuto il SI era consapevole che il contratto avrebbe richiesto sacrifici, essendo necessari per mantenere gli investimenti a Torino e per continuare a dare lavoro a Mirafiori, indotto compreso.
Se votare NO significava mantenere alta la dignità del lavoratore e non dare investimenti alla FIAT, allora è stato meglio dire SI, consapevoli che si andrà incontro a sacrifici che tuttavia daranno ancora sviluppo e futuro all’azienda. Mai come oggi non ci possiamo più permettere di fare fuggire il lavoro, dovendo mantenere gli attuali stabilimenti e attrarne di nuovi. Non possiamo più vivere o pensare di vivere di solo terziario, se non abbiamo lo sviluppo dell’industria, della manifattura che sono il cuore dell’economia.
I punti dell’accordo riguardano, in particolare, la lotta contro l’assenteismo. Oggi risulta che l’assenteismo in Fiat sia l’7,25%, rispetto al 4% della media del settore metalmeccanico, secondo un rapporto Gruppo Fiat e RSU FIM-Cisl di Mirafiori. La richiesta nel contratto è di far calare tale percentuale fino al 3% e, se dopo sei mesi di prova, ciò non si verificasse, l’azienda può decidere di non pagare il primo giorno di malattia nel caso di assenze brevi e ripetute a ridosso delle feste. Questa novità non mi sembra lesiva di diritti dei lavoratori semmai è lesiva nei confronti di quanti hanno sempre abusato dei ponti festivi marcando malattia e danneggiando tutta l’azienda, in particolare gli onesti operai. Aumenteranno i turni fino a 18 e le ore di straordinario obbligatorie da 40 a 120, con relativi aumenti di salario. E’ complessivamente ridotto il tempo delle pause, da 40 a 30 minuti, come è accaduto per Pomigliano e e a Melfi, avendo aumenti in busta paga. La pausa mensa è stata spostata a fine turno e, in merito alla sciopero, se questo si verificasse vanificando l’accordo sottoscritto, si attiverà la verifica preventiva nella Commissione nazionale paritetica di conciliazione che valuterà eventuali sanzioni a carico delle sigle. Si ritornerà alle rappresentanze aziendali (RSA) al posto delle RSU. Questo implicherà il fatto che i sindacati che non hanno sottoscritto l’accordo, coma la FIOM, vengano esclusi dall’attività sindacale. Questo può essere un putno da rivedere nei modi e nelle sedi opportune per rasseenerane gli animi e riannodare le relazioni industriali.
Queste, in generale, le condizioni del nuovo accordo Fiat. Probabilmente l’azienda poteva fare di più e meglio, ma, se come accade in Germania, dove comunque le relazioni industriali sono diverse da quelle italiane, gli operai della Volkswagen lavorano di più e guadagno di meno in tempo di crisi, consapevoli e d’accordo di partecipare agli utili dell’azienda quando i tempi sono migliori, reputo che certi sacrifici possano e debbano essere fatti anche in Italia, un Paese che si sta abituando a parlare troppo di diritti per tutti, ma che sta perdendo di vista quali sono i doveri di ciascuno.
I doveri dovranno essere anche rispettati anche da Marchionne che certamente non ha dimostrato tatto e grandi capacità comunicative nei confronti degli operai. L’AD di Fiat ha legato il Sì al contratto ad un investimento pari ad un miliardo di euro, volto al rinnovo degli impianti produttivi per il lancio di nuove piattaforme automobilistiche che siano rispondenti al mercato mondiale, in particolare americano, a seguito dalla joint-venture con la Chrysler. Dalle parole ai fatti!
Ora è il tempo di riannodare il dialogo, il tempo di rispettare il responso del contratto e lavorare perché ci sia collaborazione tra i lavoratori e tra questi e i manager Fiat. Il lavoro va tutelato e messo nelle condizioni di reggere la sfida di un mondo globale sempre più competitivo, perchè solo così l’Italia potrà crescere.