Torno a scrivere nel blog dopo tanti mesi di silenzio. E ricomincio, lasciando da parte le questioni politiche, per raccontare una semplice, ma bella esperienza di un giro in montagna.
La metà per il trekking è stata il Giro del Monviso, una scelta che si è rivelata azzecata.
Coincidenza vuole che la partenza avvenga il giorno in cui 150 anni fa si è compiuta la scalata al Monviso da parte di Quintino Sella fondatore del Club Alpino Italiano (CAI).
Eravamo in 5 a compiere il giro del massiccio del Monviso che con i suoi 3841 m s.l.m. domina tre valli: la Valle Po, la Val Varaita e la Val del Guil, affacciandosi a due paesi: l’Italia e la Francia.
Considerata la composizione del gruppo e l’allenamento di ciascuno di noi, abbiamo deciso di suddividere il giro in 4 giorno e 3 notti.
12 agosto 2013
Partenza: ore 14.15 da Pian del Re (2020 m s.l.m.)
Arrivo: ore 17.45 al Rifugio Q. Sella (2640 m s.l.m.)
Con uno zaino dal peso medio di 10 kg ci siamo incamminati per il sentiero che dal Pian del Re sale verso il Rifugio Quintino Sella ai piedi del Monviso. Il sentiero inizia costeggiando un’area, dove si riproduce la salamandra del Lanza, specie tipica del luogo, attraversa la sorgente dove nasce il Po e sale fino al lago di Fiorenza. Qua abbiamo ammirato lo spettacolo dove i monti circostanti si specchiano sull’acqua e si crea quell’effetto di perfetta simmetria per cui non si distinguono quali siano le acque, il cielo e la terra.
Il tempo fin da subito si è mostrato inclemente perché le nuvole e la nebbia ci hanno accompagnato per tutto il percorso e solo per brevi momenti ci hanno fatto godere del paesaggio. Circondati dalla nebbia che non ti permette di vedere se non per qualche decina di metri, improvvisamente, affaticati dalla salita, l’imponente massiccio del Monviso si staglia sui nostri sguardi: ti ritrovi davanti la parete nord-est che domina sul sentiero che porta al Colle del Viso e su quanti percorrono quel tratto. Prima della nostra destinazione vediamo dei piccoli camosci che si inerpicano tra le rocce. Ci guardano incuriositi dai nostri sguardi e disturbati dagli obiettivi della digitale che fissano un ricordo della nostra vacanza. Saltellano tra la roccia e se ne vanno nascosti tra i banchi di nebbia che le correnti modellano nel cielo.
Dal Colle di Viso la metà è ormai raggiunta, il rifugio è lì davanti a noi che ci aspetta dopo 3 ore di cammino mentre quelle segnate a fondo valle sono 2.30, ma non importa perché un po’ stanchi dal viaggio e affaticati dal primo giorno siamo contenti di aver raggiunto la nostra meta. Si avvicina la sera, il sole tramonta e le nubi e la nebbia si alzano e finalmente, ristorati da una cena semplice, ma calda, il Monviso si affaccia per mostrare la sua bellezza, fatta di roccia nuda e tagliente ricoperta qua e là, dove il caldo non incide, da lingue di neve. Ti senti un uomo piccolo, una creatura indifesa di fronte ad una montagna che ha visto migliaia di persone intorno a sé.
Se in alta quota il cielo è sereno e le stelle ci guardano dall’alto, la foschia impedisce di vedere in maniera chiara la Pianura Padana e le luci dei paesi che si trovano in fondo valle. Ci fanno compagnia un bel branco di stambecchi a pochi passi dal rifugio: alcuni si scornano tra loro, mettendosi alla prova su chi deve probabilmente dominare il branco, altri ruminano l’erba e attraversano rapidmente quei sentieri che il giorno dopo attreverseremo per proseguire il nostro giro.
Nel rifugio sono tante le persone, credo che sia al completo, anzi overbooking perché qualcuno ha dormito nel box in lamiera che si trova fuori dalla struttura. Ci sono persone che come noi stanno facendo il tour in un senso o nell’altro, persone che si riposano dopo aver scalato il Monviso e quelle che invece vanno a letto presto perché il giorno dopo dovranno alzarsi alle 4 di mattina e arrampicare il Monviso per arrivare sulla vetta non oltre le 9 del mattino perché lassù l’uomo non sia travolto dal brutto tempo.
13 agosto 2013
Partenza: ore 8.30 da Rifugio Q. Sella (2640 m. s.l.m.)
Arrivo: ore 16.00 al Rifugio Vallanta (2450 m. s.l.m.)
Il giorno più lungo si apre con una bellissima giornata. Lasciamo il rifugio per ultimi e proseguiamo nel vallone che sale dolcemente prima al Passo Gallarino e poi in maniera più netta al Passo di San Chiaffredo.
Le nostre chiacchiere sono interrotte dal richiamo delle marmotte che segnalano la nostra presenza intrusiva nel loro habitat e per un paio di volte anche dall’elicottero che da fondo valle risale al rifugio Sella per rifornirlo di quanto necessario.
Poco sotto il Passo Gallarino, in direzione Colle di Luca, si trova il lago dal nome dell’omonimo passo ed è probabilamente da lì che viene il nostro amico, un bel rospo pacioso che ci accoglie in sosta. Dopo un piccolo break proseguiano al Passo di San Chiaffredo, dal nome del santo che operò nella provincia Cunesee ai tempi dei romani. Il Monviso ormai è scomparso dalla nostra vista perché il sentiero prosegue avvolgendo il massicio e le vette minori impediscono di vederlo. Dal San Chiaffredo il vento soffia forte salendo dal canalone antistante e dunque scendiamo rapidamente. Il sentiero nel tratto centrale è particolamente impervio, predomina la roccia e c’è qualche piccola difficoltà a scendere ma si prosegue. Dall’alto si intravede un triangolo del Lago di Castello che si trova nella sottostante Val Varaita. Dopo una lunga discesa arriviamo all’incrocio del sentiero che sale al Rifugio Vallanta, la nostra destinazione.
Qua a ridosso del torrente Vallanta ci fermiamo per il pranzo. Sono le 12.45. Rigeneriamo i nostri piedi con l’acqua gelida del torrente e dopo un’oretta ripartiamo risalendo il vallone che porta al rifugio. Il sentiero è a tratti largo, vediamo scendere dei ciclisti in mountain bike quindi supponiamo che il tracciato sia facile e non roccioso e così si dimostra diversamente dal mattino. E’ una bella valle, ci sono diversi alpeggi alcuni ancora attivi, altri abbandonati alla natura. Incotriamo una fauna e una flora meravigliosa: mandrie di vacche fassone che pascolano nei prati, vitellini dal colore rosato che scoprono il mondo che li circonda vicino alla loro mamma, coppie di asini che ruminano e qualche bel cavallo nero. Incontrimo un pastore che con suo figlio sta piantando i paletti per delimitare l’area del pascolo. La flora regale un altro bel spettacolo: il bianco, il rosa, il giallo e il blu colorano i verdi prati che ci circondano. Saliamo verso il Rifugio e incontramo anche qualche timida stella alpina.
Siamo al Vallanta. Rincotriamo qualche volto della sera precedente. Tra una cena tranquilla e una partita a scala quaranta, sorseggiando un digestivo arrivano le 22, l’ora del silenzio e del buio più profondo con le luci spente del rifugio.
14 agosto 2013
Partenza: ore 8.30 da Rifugio Vallanta (2450 m. s.l.m.)
Arrivo: ore 13.15 al Refuge du Viso (2460 m. s.l.m.)
Sveglia alle 6.30, come sempre. Davanti al rifugio il timido sole che sorge illumina una vetta che si trova nel vallone opposto, non so come si chiami, credo sia il Pelvo d’Elva (3064 m. s.l.m.), ma non so , comunque il colore delle rocce è stupendo.
Dopo i nostri tempi tecnici, alle 8.30 partiamo e risaliamo verso il Passo di Vallanta, confine tra Italia e Francia (ore 10.10). La gita è corta. Siamo a quota 2815 m. s.l.m. e scendiamo al Refuge du Viso. Il tempo a metà mattinata si fa nuvoloso e freddo ma senza pioggia. In cima al colle di Vallanta incontriamo una coppia tedesca che si offre di farci una foto di gruppo. Il sentiero francese è ripido e roccioso per un buon tratto ed, essendo rivolto a nord, non manca la neve che attraversiamo qua e là senza difficoltà. Alle 13.15 arriviamo al rifugio, pranziamo. Il cielo è coperto e tira un’aria fredda se non compare il sole.
Come detto, il tratto è stato breve. Per alcuni questa tappa è da evitare, ma per gambe non allenate è bene avere una tappa intermedia di riposo. Il pomeriggio è tutto nostro: tra un sonnellino post pranzo, una doccia e le note del piano suonate dal figlio della signora che gestisce il rifugio arrivano le 18 e una guardia francese del Parco naturale ci fa una lezione sulla fauna e flora della zona, ma ahimè, salvo le immagini cartacee che fa girare tra gli ospiti non capisco una mazza perché non so il francese. Mi ostino a non studiarlo e l’ho sempre evitato negli studi, forse mi deciderò ad impararlo, chissà! Comunque alla fine c’è un antipasto offerto dal rifugio con formaggio e salame tipici, olive e noccioline, la giusta ricompensa dopo più di mezz’ora di ubriacamento in lingua straniera.
Prima di andare a letto, il cielo non è stellato come la sera precedente tuttavia tratti le nuvole ci regalano qualche stella e si scorge l’orsa maggiore, una delle poche costellazioni che conosco.
15 agosto 2013
Partenza: ore 8.30 da Refuge du Viso (2460 m. s.l.m)
Arrivo: ore 13.00 al Pian del Re (2020 m. s.l.m.)
Ultimo giorno di cammino. Festa dell’Assunzione di Maria o, per i non credenti, Ferragosto. Si parte alla volta del Buco di Viso (2882 m. s.l.m.) uno degli accessi al versante italiano alternativo al Colle delle Traversette (2950 m. s.l.m). Avrei preferito fare il Colle per salire più in alto, ma poi non mi è dispiaciuto attraversare il Buco di Viso: da una parte perché il Colle era coperto dalla nebbia e dunque non si sarebbe visto nulla, dall’altra perché attraversare il tunnel scavato dalla roccia era una curiosità.
Il tunnel, scavato nella seconda metà del ‘400, è stato un’importante via di comunicazione commerciale e militare e il fatto che fosse stato attraversato dalla Storia dell’Europa con i suoi personaggi e le sue vicende mi ha convinto ad accodarmi alla decisone del gruppo. L’ingresso dal lato francese è più difficoltoso per gambe non pratiche, essendo rivolto a nord, stretto e coperto da due metri di neve. Alle ore 10.35 siamo entrati e dentro era completamente buio; dopo circa 50 metri di roccia siamo usciti alla luce(ore 10.45), anzi alla nebbia e alla pioggia fine del versante italiano dove non si vedeva il panorama e questo è stato un peccato.
La discesa non è difficile, anzi è in terra battuta a tratti largo. A pochi metri dal Buco c’è una costruzione bellica, probabilmente della seconda guerra mondiale, oramai abbandonata al tempo; più avanti troviamo metri di filo spinato arrugginito, talvolta in bobine mai sfilate. Sono lì forse a ricordarci la storia di una guerra tragica sul versante italo-francese.
La nebbia ci accompagna nel percorso e l’umidità asseconda la comparsa della salamandra del Lanza: ha la superficie umida e lepegosa, sfugge al nostro sguardo con leggerezza tra i fiori e l’erba coperti da un filo di rugiada. Ne incontriamo una decina.
Del panorama non c’è più speranza neanche a quota più bassa e ci accorgiamo che stiamo arrivando al Pian del Re perché si sentono le note del concerto di Ferragosto. Quest’anno l’esibizione è l’occasione di commemorare i 150 anni della nascita del CAI. La musica classica accompagna gli ultimi metri fino al Rifugio del Pian del Re: non solo le note musicali, ma anche i colori accesi delle giacche delle centinaia di persone assiepate in ascolto rendono la conca dove nasce il Po meno grigia.
Abbiamo concluso il nostro tour. La fatica si è fatta sentire, ma il piacere di camminare in alta montagna, lontani dal frastuono cittadino, e quel senso di libertà del camminatore hanno reso il trekking una meravigliosa esperienza. I brevi racconti delle persone incontrate, le lingue straniere sentite (dal tedesco al francese, passando per l’inglese) e le amicizie nate nei rifugi mi fa dire, proprio come il motto del 150esimo del CAI, che, piu che mai, “La montagna unisce”.
Nella sezione Gallerie – Monviso 2013 ci sono alcune del Tour.
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