Giovedì 15 dicembre in consiglio municipale ho fatto notare, con un’espressione di sentimenti, della prossima apertura di una terza sala slot machine in via Pastorino a Bolzaneto (la quinta nel quartiere). Su questo aspetto ero stato anticipato da un altro consigliere che con un’interrogazione a risposta immediata aveva chiesto se c’era il tentativo di apertura di un’altra sala giochi in via Pisoni, lato piazza Pallavici a Rivarolo.
Ormai è evidente a tutti come in questi ultimi mesi stia aumentando il numero delle sale slot machine nella nostra città e, in particolare, nel Municipio V Valpolcevera non possa settimana che tra Bolzaneto e Certosa non sia prossima l’apertura di una sala. Con una battuta ci sono più sale da gioco che latterie! L’intento di queste poche righe non è quello di vietare tout court la sale da gioco, ma di favorire una responsabile consapevolezza del gioco e di aprire questi centri in zone meno centrali ai nostri quartieri tali da non trasformarli in piccole Las Vegas.
Ad oggi la normativa di riferimento è il Testo unico delle Leggi per la pubblica sicurezza che all’articolo 86 prevede la licenza del Questore per l’apertura di questo tipo di esercizio pubblico, mentre all’articolo 110 si prevede quali tipi di macchinette possono essere installate. Tali disposizioni hanno subito, da una parte, una prima innovazione con legge finanziaria del 2000, con l’allora governo di centrosinistra guidato da Giuliano Amato, che non ha mancato di incentivare il ricambio di macchinette elettroniche con il sistema del credito di imposta, dall’altro lato, il decreto-legge 138 del 2011, ossia la penultima manovra del Governo Berlusconi, ha tolto ogni restrizione per l’apertura di certe attività economiche tra cui gli esercizi pubblici dove si effettua la raccolta dei giochi e delle scommesse, dando avvio così ad una iper-liberalizzazione anche in questo settore.
L’altro riferimento normativo è l’attuale regolamento del Comune di Genova per il rilascio della licenza di “sale giochi”, risalente al 1988 che indica alcune prescrizioni sulla distanza tra sale gioco e la distanza rispetto ai luoghi sensibili quali scuole, ospedali, caserme, luoghi di culto. Tuttavia, il decreto legge poc’anzi citato abroga qualsiasi tipo di restrizioni sulla distanza minima e la localizzazione geografica, rendendo inefficienti qualsiasi tipo di prescrizione amministrativa. Spero di sbagliarmi sulle considerazioni giuridiche finora svolte, ma se così non fosse, l’unica strumento che rimane da parte delle istituzioni, tra cui il Municipio e i suoi rappresentatati, è una campagna di sensibilizzazione sul ruolo sociale del gioco con le scommesse e le macchinette.
Si è dato avvio alla liberalizzazione in un settore molto rischioso e con forti ricadute sulla società perché la spirale del gioco, se non trova sufficienti freni morali e una forte consapevolezza da parte del giocatore, può senza difficoltà trasformarsi in dipendenza che rovina se stessi e le persone che ci stanno vicine. L’idea, ormai, diffusa che qualsiasi obiettivo possa essere raggiunto con facilità, senza sacrifici, si inserisce bene anche nel gioco dove lo slogan “ti piace vincere facile?” prospetta guadagni rapidi.
Soprattutto oggi, in un contesto economico difficile per il Paese e per la nostra città, è forte la tentazione da parte di molti, in particolare dei lavoratori e dei pensionati, di trovare la soluzione ad uno stipendio da cassa integrazione o ad una pensione minima con la vincita di questi tipi di giochi.
Per questo auspico che, laddove la legge non sia moralmente giusta, come in questo caso, sia necessario percorrere due strade: l’una quella di invitare i nostri parlamentari a modificare la norma in maniera tale da porre delle limitazioni a questo tipo di liberalizzazione perché non si può pensare di fare cassa per sanare i conti pubblici attraverso la percentuale delle entrate introitate dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; l’altra, complementare o altrenativa, qualora la prima risulti più difficile da praticare, si avvii una campagna informativa ed educativa per responsabilizzare le persone, soprattutto i giovani e gli anziani dai potenziali rischi dovuti a una frequentazione eccessiva del gioco. Questo compito sia assunto dalle istituzioni più vicine ai cittadini, a partire dal Comune, i Municipi, i circoli ricreativi e le associazioni parrocchiali perché la politica e la società civile facciano fronte comune contro la febbre del gioco.