Test politico nazionale. Così sono state definite le amministrative del 2011. Se da una parte questo può essere anche vero, dall’altra si snatura il significato per il rinnovo delle amministrazioni comunali e provinciali.
Il contesto politico italiano, mai come in questi anni, si è polarizzato a tal punto che gli avversari politici sono diventati nemici da abbattere e i partiti in campo sono incapaci di proporre soluzioni alternative se non fondandosi sull’unità di essere contro qualcosa o qualcuno.
Le elezioni amministrative non possono essere un test esclusivamente nazionale perché le condizioni di partenza sono diverse. Si valuta il sindaco, l’operato della giunta e dei consiglieri eletti. Nonostante un candidato si schieri con un partito, oltre a dare una valutazione sul contenitore e sul leader nazionale che lo guida, si deve dare anche una valutazione sulla persona che si candida ad essere sindaco o presidente di provincia, valutare il suo percorso, se ha gestito bene il territorio nei cinque anni, se non ha aumentato le tariffe e ha migliorato i servizi e la vivibilità del territorio.
È vero altresì che vanno valutati i programmi e dunque i valori di riferimento. Interessante è stato l’approccio che Avvenire ha proposto con un inserto sabato 7 maggio sulle principali città italiane e ha dato alcuni strumenti per valutare il candidato sindaco e i consiglieri da votare.
Partire dai valori e dargli un nome non può essere una diminutio, ma un punto di partenza per una valutazione attenta. La cultura della legalità (rispetto delle regole contro le infiltrazioni mafiose, sicurezza), dell’accoglienza della persona (vita nascente, immigrati), del lavoro (la capacità di redigere piani urbanistici che siano equilibrati tra sviluppo/crescita e qualità dell’ambiente) devono essere alcuni dei valori di riferimento.
Così possiamo permetterci di valutare gli amministratori uscenti e di dare il nostro assenso.
Sulla sfida di Milano mi permetto di dare un giudizio non esauriente, forse fin troppo semplificato perché non coglie a pieno la specificità dei candidati e del territorio, consapevole della difficoltà di avere un candidato che rispetti e viva i valori citati. Da una parte abbiamo alla guida Giuliano Pisapia il cui riferimento culturale di sinistra è molto chiaro, dunque non mi pare, visto il partito di riferimento (SEL), che sia favorevole alla cultura della vita, della famiglia, della libertà educativa (ricordo che i Comuni hanno competenze sulla gestione degli asili nido e materne – anni 0-5); poi abbiamo Letizia Moratti a cui potrei anche dare il mio assenso se non fosse che non si può vantare del presidente del Consiglio che non considero adeguato alla guida del centro destra italiano e di essere moderata quando poi fa uno “sgambetto” come è successo nel confronto su Sky TG24 (poi, che Pisapia fosse prosciolto per amnistia o perché ci fosse carenza di prove per condannarlo è un dato di fatto, ma comunque resta che proviene dagli ambienti della sinistra antagonista); non può avere in coalizione la Lega, un partito che considera tutti gli immigrati dei delinquenti e ne fomenta il pregiudizio (tuttavia credo che ci siano dei buoni amministratori leghisti e che Maroni sia oggi un buon ministro, nonostante abbia anche lui i suoi trascorsi), infine candidare una persona che considera le BR dei magistrati lo trovo vergognoso e condivido in pieno quanto ha detto il Presidente della Repubblica Napolitano il 9 maggio in ricordo dei magistrati vittime del terrorismo; infine Manfredi Palmieri, candidato del Terzo Polo, che non sia la vera alternativa?
Al limite non ci resta che votare su un candidato consigliere moderato che i Milanesi e gli altri cittadini italiani chiamati alle urne sapranno certamente scegliere.
Genova sarà chiamata all’elezioni il prossimo anno e il metro di giudizio non sarà dissimile da quello che qua ho espresso. Alcune valutazioni si possono fare già a partire dalla gestione AMT; all’aumento delle tariffe; al semplice modo con cui la signora sindaco si comporta con i giornalisti; alla istituzione di un rambla (rambletta?) da barzelletta; al modo di confrontarsi con quanti dicono no alla Gronda; all’idea di tassare i trasportatori verso il porto (così diamo un’altra mazzata alla sviluppo di questa città , spostando i traffici a Barcellona); alle sue idee sui diritti per tutti e doveri a nessuno; alla mancanza di politiche per la famiglia e sostegno della vita nascente per una città, che sta morendo demograficamente. Si sta favorendo la cultura dell’individualismo invece di quella per la vita, mentre il saldo demografico della città è positivo solo grazie all’arrivo degli immigrati, tra cui molti giovani che abbassano la media di una città vecchia. Come nel sistema previdenziale si deve avere un equilibrio (di carattere finanziario) tra giovani lavoratori e pensionati per mantenere il sistema, così Genova deve trovare un nuovo equilibrio per essere attrattiva, se vuole crescere.
Lunedì 16 maggio si farà il redde rationem e mi auguro che non sia una rivendicazione degli uni contro gli altri, ma si torni a parlare dei problemi del Paese perché si faccia sistema e non ci si curi del proprio orticello. Il Paese ha bisogno di sviluppo economico, sobrietà e coesione sociale se non vuole perdere il treno della sfida che proviene dai BRICS (Brasile; Russia, India, Cina e Sud Africa) sempre più emergenti. Se l’Europa è incapace di cogliere le sfide (crisi economia, immigrazione, rivoluzioni in Nord Africa), l’Italia si faccia promotrice di un rinnovato rilancio.