Scelte di campo

Commento tratto da Avvenire del 30.01.2010

Avvenire 30.01.10

PRIMO BILANCIO DELLE SCELTE DI ALLENZA PER LE REGIONALI
Se nell’Udc il gioco prevale sulla fisionomia valoriale

Mentre si stanno riem­piendo le ultime caselle delle candidature regionali, si può tentare un primo bilancio del comportamento delle diverse formazioni politiche. Una premessa necessaria è che elezioni suddivise in tredici sfide diverse, in situazioni nelle quali i rapporti di forza locali contano più di quelli nazionali, favoriscono chi può giocare con maggiore flessibilità sul sistema di alleanze. Un altro punto di riferimento sta nell’esperienza del passato, quando le regionali hanno sempre rappresentato (e non solo in Italia) una ‘sanzione’ piuttosto severa per la coalizione in quel momento al governo. Dieci anni fa Massimo D’Alema si dimise da premier per l’esito sfavorevole al centrosinistra della consultazione nelle Regioni (su cui, per la verità, aveva scommesso la poltrona). Cinque anni fa il centrodestra fu battuto ovunque, tranne che nel Lombardo-Veneto.
Da allora il quadro politico è mutato, con la messa alla porta nel 2008 dell’Udc dalla coalizione di centrodestra e con l’esclusione, in quella stessa circostanza, dell’estrema sinistra dall’alleanza guidata dai democratici. Questa volta, quindi, non ci sarà una sfida generalizzata tra coalizioni locali identiche a quelle nazionali, come nei due casi precedenti, il che ha messo alla prova la capacità di costruzione di sistemi di alleanza più articolati. Obiettivamente questa situazione offriva un’occasione difficilmente ripetibile all’Udc che, collocandosi al centro e fuori dai due schieramenti poteva massimizzare il suo potere di coalizione senza essere costretta a intese globali e subalterne. D’altra parte la capacità dei centristi di raccogliere consensi più ampi nel voto locale rispetto a quello nazionale conferiva una certa base concreta all’aspirazione di Pier Ferdinando Casini di esercitare una significativa centralità politica.
Questo obiettivo, a conti fatti, pare però sia stato gestito puntando più a un risultato numerico atteso (e naturalmente non garantito) che all’affermazione di un’autonomia politica basata su valori esplicitamente proclamati.
L’esasperazione della polemica con la Lega Nord – peraltro ampiamente ricambiata – ha portato l’Udc a scelte contraddittorie. Come quella di schierarsi, fianco a fianco con i radicali di Pannella e Bonino, a sostegno della continuità di esperienze – a cominciare da quella della giunta piemontese guidata da Mercedes Bresso – contro cui negli ultimi anni i centristi avevano condotto battaglie asperrime a causa del loro orientamento laicista e lassista sulle questioni eticamente sensibili (dall’aborto all’eutanasia passiva).
Nello slogan ‘costantiniano’ di Casini ‘con noi si vince’, l’accento posto sull’utilitarismo della vittoria rischia in qualche caso di indebolire il segno identitario del ‘noi’, la visibilità di un’ispirazione cristiana pur ufficialmente esibita, il che può essere pericoloso soprattutto in zone, come quelle settentrionali, nelle quali quello per l’Udc è soprattutto un voto di opinione, non appoggiato, come invece accade in alcune aree meridionali, su una rete di presenze amministrative.
I bilanci, naturalmente, si faranno a urne chiuse, ma non pare che la maggioranza di governo possa temere un voto di ‘sanzione’ simile a quello patito cinque anni fa (o come quello che ha subito la maggioranza gaullista in Francia o, a suo tempo, quella socialdemocratica in Germania).
L’articolazione del voto consentirà a tutti, come al solito, di proclamarsi vincitori, ma solo un esito oggi del tutto imprevedibile potrebbe mettere in discussione un quadro politico generale che appare tutto sommato piuttosto solido.

SERGIO SOAVE

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