In questi ultimi mesi si sta discutendo molto su dove debba essere costruita la moschea a Genova e mai come in questi momenti le posizioni politiche si intrecciano inevitabilmente fino agli eccessi.
Certamente la decisione della giunta del Sindaco Marta Vincenzi di far costruire ai musulmani la loro moschea, delibera presa il 23 dicembre 2009 e non resa pubblica immediatamente, non mi pare che abbia seguito un metodo di trasparenza verso la cittadinanza.
Una giunta e un sindaco che declamano il dialogo e poi concretamente questa strada non viene praticata poichè le decisioni vengono prese senza essere pubblicate, non mi sembra che facciano una bella figura, dando prova contraria di quanto dicono.
Poi, ciò che più sta facendo infuriare gli animi del quartiere, è il fatto che sia stata concessa gratuitamente un’area comunale per 60 anni a una Fondazione islamica per la costruzione della moschea.
Il punto non è negare la possibilità di fare la moschea nel Comune di Genova; ma la questione verte sul fatto se sia necessario fare in quell’area comunale, in quel quartiere la moschea; nel momento in cui una parte dei cittadini protesta perché chiede più servizi, più vivibilità, quell’area potrebbe servire a soddisfare tali richieste.
Perché non soddisfare le esigenze dei cittadini ed aprire seriamente un tavolo di confronto sulle reali necessità del territorio e fare sì che la politica e i cittadini possano incontrarsi per il bene di tutti?
Preso atto dunque che il sindaco non si sia mosso in questo caso come avrebbe dovuto fare, tuttavia non posso negare come strumentale sia portata avanti la questione da talune forze politiche, in primis la Lega Nord, che nega a priori la possibilità di fare una moschea, fino ad appellarsi al referendum consultivo svizzero che ha negato la possibilità di costruire luoghi di culto musulmani nel Paese. Anche la posizione leghista è eccessiva e fuori luogo. L’idea poi di portare avanti il referendum per dire No alla moschea non ha senso, o quanto meno, ha una sua logica nel dire no ad un luogo di culto musulmano, ma con ciò inevitabilmente si vuole negare, come è stato fatto in Svizzera, la libertà religiosa.
Da una parte, a sinistra, c’è chi dichiara il dialogo e il buonismo e non lo mette in pratica, che apparentemente sostiene l’idea, non dichiarata, di libertà religiosa, ma se può, vorrebbe negare la libertà religiosa, relegando il culto nella sfera privata, in primis alla fede cattolica (si vedano gli attacchi , fatti di parole e azioni dimostrative, perpetrati dalla cultura da cui proviene l’attuale maggioranza di sinistra alla Chiesa, dal Papa fino ai laici credenti); dall’altra c’è chi, dietro la paura per il prossimo, si arrocca sulla propria presunta identità, additando tutti gli stranieri, facendone di un filo d’erba un fascio, delinquenti e terroristi.
Non è questo il mio metodo.
La moschea a Genova va fatta per dare la possibilità anche ai musulmani di pregare, di esprimere il loro intimo desiderio di Dio. Va garantito, da parte della comunità che costruirà e gestirà la moschea, che essa sia finanziata con soldi leciti, sia luogo di culto e non vengano svolte attività illegali.
Conseguentemente alla costruzione della moschea, siano smantellati gli appartamenti in Genova adibiti a luoghi di preghiera che ad oggi non garantiscono la sicurezza delle stesse persone che si recano a pregare e di poter monitorare con serenità le attività svolte all’interno della futura mosche, quale unico centro di preghiera; infine la necessità di costruire la moschea in luogo più adatto e facilmente raggiungibile da tutta la comunità musulmana.
SIMONE FEMIA
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